top of page
  • AutorenbildCarmelo Leotta

Aberrazione del Bene come accumulazione.


Nota sulla parola “infinito”.


Riconoscendo l'umana facoltà di pronunciare “infinito”, e di corrispondere a tale parola un'immagine, rileviamo che “infinito” non può essere considerato un “termine”, inteso come strumento di delimitazione di un significato, poiché l'essenza dell'“infinito” è l'illimitatezza del suo significato. L'illimitatezza del significato di infinito implica necessariamente la sua non delimitazione, mentre la determinazione del significato infinito conviene alla collocazione della parola “infinito” all'interno dell'insieme linguistico di cui fa parte. Da una parte “infinito” è l'illimitato, ciò che non ha limite, mentre dall'altra, “infinito” è determinato, cioè collocato nel linguaggio come termine distinto da altri termini. “Infinito” non significa, dunque, un ché di limitato, cioè di distinto da altro, semmai ciò che sfugge continuamente alla propria limitatezza. Il significare non si rivolge più ad un “oggetto”, ma ad un processo ricorsivo: quello di oltrepassare la limitazione che in ogni momento si dà alla forma dell'immagine di “infinito”.

Considerando l'”infinito” come predicato di una proposizione del tipo “x è infinito”, esso non “significa” propriamente, si può dire semmai che possegga un senso, ovvero che abbia come contenuto l'indicazione di un moto. Il moto è solo se è moto di qualcosa, ed in questo caso è moto di x, mentre l'essenza del moto in sé non ha altro contenuto che la negazione dello stare. Lasciando l'essere nel suo momento parmenideo di esclusione di ulteriori determinazioni, stare è essere, e tutto ciò che non sta, non è. Il movimento appare, da questa prospettiva, un assoluto negativo, e in assenza di una forza contraria a tela negazione, che perpetui l'affermazione dell'esserci di un oggetto in moto, che resista, cioè, alla negatività del moto in sé, il moto non avrebbe altro contenuto che pura negatività del non-stare, che significa non-essere.

L'essere dell'oggetto che si muova è tuttavia ad un tempo affermato di fatto (“x esiste") e negato (“x non sta”). L'aporia può essere tolta separando l'essere-esistenza dell'oggetto, che resiste alla negazione implicata dal movimento, dall'essere-stare dell'oggetto, la cui negazione non implichi, una volta operata la detta separazione, il suo non essere-esistenza. La separazione dei due sensi dell'essere introduce al riconoscimento del fenomeno, entità stante che sfugge alla negazione implicata dal moto, e generalmente dal divenire altro da sé, come momento astratto dell'essere originario, cioè prodotto di una separazione tra essere-esistere ed essere-stare che, per non essere riassorbita dalla concretezza, va ribadita continuamente.

Ma il mero apparire dell'oggetto in movimento, evidenza della differenza tra il suo stare e il suo muoversi, è relazione necessaria tra essere-esistere ed essere-stare. Concreto è il continuo relazionarsi degli orizzonti ontico ed ontologico necessitato dall'apparire, trascendente è la loro separazione, che è allo stesso tempo rigetto di quella necessarietà e di quell'aporia. In altre parole, la continuità dell'azione di separazione è costituzione di un piano astratto, che interrompe continuamente la relazione necessaria tra essere-esistere ed essere-stare, relazione che costituisce la concretezza necessaria ed aporetica del movimento. Il separare è interruzione della relazione e rigetto della necessità di dell'apparire. La forza, ovvero l'entità concreta, che si oppone alla necessità della relazione tra essere-esistere ed essere-stare e che toglie l'aporia che costituisce la concretezza del movimento, è volontà.

La pronuncia dunque della parola "infinito", è asserzione del fenomeno di muoversi oltre, che in quanto fenomeno è rigetto della negazione dell'essere-stare implicata dal movimento, cioè di un termine della relazione che è la sua concretezza. "Infinito" è dunque asserzione di trascendenza, contro-concretezza che è, in concreto, volontà.



La promessa dell'accrescimento


Capacità dell'uomo è immaginare l'infinito e volere all'infinito, aumentando continuamente l'intensità del proprio volere. È in virtù dell'idea di infinito e dell'aumento illimitato della volontà, che l'uomo è in grado di cercare un bene sempre superiore. Riconoscere una formalizzazione definitiva del Bene significa limitarlo alla realizzazione di una finalità particolare, come il benessere di un determinato gruppo sociale o in un determinato territorio. La realizzazione del Bene è possibile quando non si riconosce alcun limite al suo accrescimento, quando cioè il suo accrescimento viene voluto oltre ogni limite, e il limite non voluto. Il Bene diventa così tale accrescimento, poiché non sussiste al di fuori di esso.

Distinguendo due condizioni storiche di un individuo, se in uno stato b esso ha attuato la volontà espressa in un precedente stato a, allora, secondo quanto si è detto, in b esso esercita una volontà superiore che in a,

Perchè il Bene divenga certezza dell'avvenire, è necessario conoscere l'accrescimento, in modo da poterlo volere illimitatamente. L'accrescimento di volontà A appare come differenza positiva tra la volontà esercitata contestualmente allo stato b e a quella esercitata nello stato a, che si verifica quando essa è b è maggiore che in a.


A = b – a


L'accrescimento negativo si presenta qualora la volontà di un individuo in uno stato a venga diminuita, attraverso l'impedimento che la sua volontà venga realizzata. L'accrescimento negativo si verifica qualora a un individuo venga sottratto l'oggetto del proprio desiderio, e ciò avviene attraverso il successo della violenza operata da una forza superiore all'individuo. Vi è anche una seconda modalità dell'accrescimento negativo, che si risolve in un accrescimento positivo (come per Nietzsche l'influenza della “seconda Erinni”, che pone all'individuo la sfida di conquistare ciò che, pur desiderato, sfugge), la descrizione del quale richiede una definizione più puntuale dell'accrescimento positivo.

L'accrescimento positivo è realizzazione della volontà libera, cioè irrazionale ed immediata, via di progressiva e irreversibile soddisfazione del bisogno alla sua insorgenza, assecondare del volere materno. Di contro, l'accrescimento risulta negativo in conseguenza alla sottomissione al volere paterno di limitare il desiderio a determinati oggetti, al volere paterno di allontanare la soddisfazione totale, fermare la corsa materna alla realizzazione immediata della volontà per costruire un mezzo tecnico, che renda possibile produrre oggetti soddisfacenti in quantità moltiplicata. Fermare la corsa del volere immediato ed irrazionale significa rendere quella volontà originaria reversibile, e realizzare una volontà dominante, attraverso la quale il soggetto domini il proprio volere immediate soddisfazioni. È per effetto della moltiplicazione e successivamente dell'esponenzialità della “massa soddisfacente”, rese possibili dalla reversibilità del volore originario, che la limitazione paterna diventa accortezza personale, introiezione di una volontà dominante promettente un accrescimento successivo multiplo ed esponenziale della volontà originaria. Accrescimento, questo, causato dalla soddisfazione della volontà originaria in misura multipla ed esponenziale rispetto alla soddisfazione procurata mediante i propri arti o un oggetto rinvenuto nell'ambiente all'insorgere del desiderio. L'accortezza è basata su una fede, la fede su una speranza, la speranza su una previsione, la previsione sulla probabilità del ripetersi dei casi, abbastanza affidabile da giudicare conveniente il non volere ciò che si vuole, invertire il verso della volontà, da ultimo concepirla già nel suo insorgere come reversibile. L'accortezza è la volontà di non volere ciò che si vuole per ottenere una soddisfazione superiore.

La domanda che si pone ora è: la soddisfazione di una volontà reversibile ed invertita, volontà originaria negata da una volontà contraria (il non volere ciò che si vuole), è maggiore o minore della soddisfazione immediata della volontà non invertita? Per capire ciò bisogna anzitutto distinguere la qualità diversa dell'oggetto che produce la soddisfazione. Nel caso della soddisfazione immediata, l'oggetto è ciò che viene trovato nell'ambiente e riconosciuto soddisfacente. Nel caso dell'inversione, questa consente la produzione dell'oggetto soddisfacente, in quantità multipla e poi esponenziale. La volontà che in questo caso viene soddisfatta è tuttavia quella originaria, che durante la produzione dell'oggetto si è dovuta negare, e di cui non permane che il ricordo. L'oggetto soddisfacente prodotto con strumenti tecnici, permane nella condizione di “essere soddisfacente” (soddisfare attualmente o poter soddisfare in futuro) solo in virtù della promessa della volontà limitatrice ed invertente la volontà primaria, la promessa della tecnica, che l'oggetto di produzione sarà ancora oggetto di quella volontà, e soddisfacente quella volontà. Considerata la quantità, quand'anco esponenzialmente superiore a qualsiasi oggetto rinvenibile nell'ambiente, della “massa soddisfacente” di un oggetto prodotto grazie all'inversione della volontà, essa è soddisfacente tuttavia di una volontà ridotta, di residuo mnestico della volontà originaria. L'autorità ricompensa lautamente l'abnegazione, ma di tali tesori è poco il godimento. L'autorità opera promettendo, ma la promessa si basa solo sulla prevedibilità di un caso, prevedibilità che diventa legge, che non riconosce casi diversi da quelli da essa previsti, se non come di essa violazioni. La legge è essenza dell'autorità, poiché è proprio dell'autorità affidarsi al caso e mutarlo in legge, ed in tale mutazione consiste l'esercizio della sua volontà irrazionale.

Il Bene, come accrescimento di una volontà razionale, o accrescimento razionale di una volontà (poiché voler significare il Bene è affrontare la presente razionalizzazione), è assunzione razionale dell'aumento del volere in ragione del volere la bontà. Esso risulta da una approvazione della volontà libera dalle irrazionalità, e solo in questo senso razionale. Risulta, in altri termini, dal conoscere la bontà dell'accrescimento del volere e dal volerlo a propria volta, ed essendo l'accrescimento del volere (dovuto alla sua soddisfazione) giudicato immediatamente come buono, il Bene è il volere (crescente ) la bontà dell'azione che consente l'accrescimento giudicato immediatamente buono.

Il Bene commesso involontariamente non è riconoscibile, in quanto non è costituito da in'azione in quanto tale, bensì da un'azione il cui attributo di bontà è prodotto dalla razionalità, sola a poterla riconoscere come parte di un accrescimento, cioè del processo di cui partecipa il soggetto nello stato a per raggiungere lo stato b. In quanto non riconoscibile, non è affermabile come Bene, e dunque non è Bene, poiché Bene è azione unita al suo essere giudicata buona.

Per essere perseguito, il che corrisponde all'essere voluto come bontà dell'azione, il Bene richiede la conoscenza della bontà, che non è nell'azione in sé, ma nel suo sviluppo storico. È in ciò che implica, è nella previsione del suo successo. La previsione basata esclusivamente sulla considerazione dei casi che, analogamente alla previsione scientifica, produce una legge che intenda dominare il caso basata sul caso stesso. L'emergere di questa contraddizione nella presente razionalizzazione, comporta che tutto ciò che si dicesse ulteriormente a favore di un concetto di Bene consistente in una legge di previsione del caso favorevole alla soddisfazione della volontà, sarebbe irrazionale, e dunque non parte di questa razionalizzazione. La posizione di una legge paterna dell'accrescimento risultante dalla considerazione dei casi si esclude dalla possibilità di partecipare del processo che conduce da a a b, in cui V(b)>V(a), poiché detta legge è costituita su basi che appaiono irrazionali.

Il Bene come accrescimento della volontà non può dunque essere solo soddisfazione materna del bisogno alla sua insorgenza, poiché al di fuori del nucleo Madre-Figlio e di una natura eccedente al soggetto, tale soddisfazione porta all'esaurimento delle risorse e impedisce soddisfazioni ulteriori. Nella attuale condizione di saturazione dell'ambiente da parte dell'uomo, saturazione non dovuta alla quantità degli uomini, ma dai loro comportamenti, la soddisfazione immediata e irrazionale non consente l'aumento ulteriore di volontà, poiché essa è condizionata ad un'eccedenza delle risorse rispetto ai bisogni, eccedenza che, a causa del comportamento irrazionale di consumo illimitato, si è esaurita. L'irrazionalità non consente, razionalmente, un aumento della volontà, e dunque esce dalla razionalizzazione in cui consiste la presente significazione del concetto di Bene.

Il Bene, essendo prodotto razionale di volontà e di soddisfazione (le quali si producono a loro volta l'una l'altra) risulta dunque impedito da due irrazionalità, una intrinseca nella legge paterna, che impedisce l'aumento della volontà, ed una nalla propagazione materna del processo nucleare (Madre-Figlio) di immediata soddisfazione.


Il fallimento della civiltà è legato all'idea che solo una parte di essa sia destinata al successo nel perseguimento della via materna (soddisfazione dei bisogni) e della via paterna (dominio dei bisogni), cioè di considerare alcuni bisogni (quelli appartenenti alla parte eletta) meritevoli di essere soddisfatti ed altri no, e di considerare alcuni mezzi tecnici (quelli appartenenti alla parte eletta) più effettivi di altri. Tale distinzione è una decisione di ordine paterno, poiché consiste a sua volta nella determinazione dei bisogni legittimi, ma ha come conseguenza quella di decidere non solo quali bisogni vadano soddisfatti, ma anche chi li possa soddisfare. Essa riguarda e domina la paternità che coesiste con la maternità e che opera come originario espletarsi della funzione di reversibilità finalizzata alla acquisizione di mezzi per accrescere maggiormente la potenza. È, tale funzione, immutabilmente propria del Padre in quanto suo non essere Madre, e dunque costitutivamente appartenente al Padre, il quale in virtù di un primo discernimento dei bisogni ha abbandonato l'individuo, per diventare padre collettivo, non più in grado di dire al figlio a cosa deve rinunciare, ma in potere di impedire ad un'altra collettività di soddisfare i bisogni che egli ha stabilito come legittimi all'interno della propria. Lo Stato riunisce insomma gli individui al suo interno in un unico Figlio, di cui decide cosa può volere, in base a ciò che decide insieme agli altri Stati (nell'azione politica internazionale). Questo Stato viene detto “liberale” solo per esplicitare il “sogno” di libertà in virtù del quale gli individui dovrebbero prestarvi fede. E' nel dirsi “liberale” che lo Stato assume potere decisionale e diviene unico Padre, mentre in realtà sottrae agli individui l'unica vera libertà, cioè quella di entrare in relazione l'un con l'altro e di essere, ciascuno, politico.

In questo modo il Padre del Figlio risulta dominato da un padre superiore, che gli impedisce di esercitare la sua funzione di discernimento dei bisogni. La compromissione di tale funzionalità originaria è dunque da intendersi come un'alienazione del Padre. Sono due le alienazioni del Padre rispetto alla sua natura originaria e immutabile, che la decisione super-paterna di considerare solo una parte dell'umanità in diritto di esprimere e di soddisfare i propri desideri comporta.

  1. Dal momento che essa decisione è un atto di dominio paterno sulla possibilità di svolgimento delle vie materne e paterne, ed è destinata sin dalla sua prima formulazione in seno alla civiltà sumerica ad essere disdetta, poiché il Padre non può definitivamente dominare la Madre. La posizione del padre in una condizione di dominante è una prima alienazione rispetto parità della sua funzione di rendere possibile la reversibilità della volontà, con quella materna di accrescerla irreversibilmente.

  2. Questa decisione trova fondamento nel dire l'esistenza del nulla, esistenza di una non-sostanza in cui collocare tutto ciò che a questa decisione non si adegui. Essa è destinata ad essere disdetta poiché il dire è destinato ad avere ragione, e ad espellere le contraddizioni via via che si presentano e si esplicitano attraverso il suo sistema terminologico.

La crisi della civiltà, ovvero il suo progressivo ridursi a non civiltà, per diffusione sempre maggiore di inciviltà al suo interno, può essere interrotta uscendo dall'alienazione del Padre, riconducendolo alla sua funzione di rendere il volere reversibile, di realizzare un accrescimento negativo, in virtù della possibilità di costruire mezzi che consentano un accrescimento positivo maggiore che in loro assenza. Il declino della civiltà, sotto questa prospettiva, appare possibile recuperando le tecnica nel suo manifestarsi originario, cioè il fermarsi a costruire lo strumento senza perdere la visione del Bene, anzi finalizzando la costruzione all'accrescimento illimitato.


La tecnica, in altre parole, può intraprendere una nuova via. Essa, che è arsenale di strumenti, è già il fine dell'uomo, poiché essa è potenza, via di realizzazione della volontà. Ma nel farsi fine ha subordinato a sé ogni morale che non sia l'accumulazione di strumenti (beni, armi, soldi), e ogni piacere del godere dei propri beni ha lasciato il posto alla “letizia” di Spinoza definita come accrescimento, realizzandola nell'accumulazione e sostituendola a qualsiasi altro obbligo morale. Se, invero, si trattasse di un'interpretazione del pensiero di Spinoza, sarebbe un'interpretazione quanto meno parziale, perché il filosofo fa riferimento all'accrescimento di sé, e non del proprio possesso, non del capitale.

La nuova via della tecnica è quella che si inoltra nella realizzazione della volontà dell'accrescimento di sé, lasciando in virtù di una consapevole abbondanza gli spettri della scarsità al passato, liberandosi dalla paura di soccombervi e con essa dell'aberrazione del Bene come accumulazione di capitale.


11 Ansichten0 Kommentare

Aktuelle Beiträge

Alle ansehen

Per una politica culturale

Per una politica culturale. La creatività umana non può manifestarsi attraverso le istituzioni dell'attuale potere costituito. Anzitutto perché le istituzioni dello Stato moderno sono state concepite

Autocontraddittorietà del soggetto dominante

Felicità: mondo di mondi. Se la felicità è la soddisfazione della volontà, e volontà primaria, essenzialmente umana, è quella di sapere, allora la felicità è sapere. E' sullo specchio che Dioniso vede

bottom of page